Imposta sulla pubblicità: segnaletica del posto auto col marchio d’impresa


La segnaletica utilizzata dalla società di autonoleggio per indicare i posti auto assegnati all’interno dell’area di parcheggio dell’aeroporto, dove ritirare e consegnare l’auto noleggiata, non costituisce una mezzo pubblicitario anche se riproduce il marchio o la denominazione della società. Pertanto, deve ritenersi esclusa l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità. (Corte di Cassazione – Sentenza 11 gennaio 2022, n. 530).

La società di autonoleggio ha installato diversi cartelli con il proprio marchio per indicare, all’interno del parcheggio dell’aeroporto, l’area di propria pertinenza dove ritirare e consegnare le auto noleggiate.
La società concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni ha emesso avviso di accertamento nei confronti della società di autonoleggio, per omesso pagamento dell’imposta sulla pubblicità, ritenendo che l’apposizione del marchio e del nome della società sui cartelli, li rendesse mezzi pubblicitari, con l’ulteriore funzione di indicare il luogo di esercizio dell’attività commerciale e promuovere la domanda di beni e servizi ovvero migliorare l’immagine del servizio pubblicizzato.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso e annullato l’atto di accertamento, con esclusione del presupposto d’imposta nella diffusione di messaggi pubblicitari, sul rilievo che le scritte apposte sui cartelli assolvessero alla specifica funzione di indirizzare i clienti della società di autonoleggio verso il luogo, di pertinenza della stessa società, in cui vanno prelevati o riconsegnati i veicoli noleggiati, trattandosi di luogo, il parcheggio, il cui accesso è riservato ai clienti delle varie società di noleggio che vi operano.


La decisione è stata impugnata dalla concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta che ha eccepito che i mezzi accertati, seppur utilizzati anche per ulteriori finalità rispetto a quella pubblicitaria, hanno anche la funzione di indicare il luogo di esercizio dell’attività commerciale e promuovere la domanda di beni e servizi ovvero migliorare l’immagine del servizio pubblicizzato. Pertanto, i giudici tributari non avrebbero considerato, secondo la ricorrente, che l’imposta sulla pubblicità colpisce la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione diverse, al fine di migliorare l’immagine di una impresa, ovvero i suoi servizi e prodotti (come nel caso oggetto di causa).
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari osservando che il presupposto dell’imposta è individuato nella diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile; in altri termini, quel che rileva è l’astratta possibilità del messaggio, in rapporto alle dimensioni ed ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari. Ai fini dell’imposizione, si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica, allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato.
La Corte Suprema ha precisato che nel caso di specie i giudici hanno legittimamente ritenuto, sulla base di precisi riscontri fattuali, che lo scopo di promuovere la domanda di beni e/o servizi, e di pubblicità per la società di appartenenza, risulta recessivo rispetto a quello di indirizzare i clienti, che hanno già concluso un contratto di noleggio, verso il luogo in cui sono parcheggiati i veicoli, luogo peraltro di pertinenza della società, in quanto operante, con esercizio ad essa riconducibile, nell’ambito aeroportuale.
La presenza del solo marchio dell’impresa in corrispondenza di ogni singolo posto auto assegnato all’interno del parcheggio, l’accesso riservato solamente ai clienti delle varie società di noleggio operanti nell’aeroporto, l’adeguatezza della segnaletica, anche di quella luminosa, rispetto ad una funzione meramente informativa, giustificano l’esclusione dalla imposizione della segnaletica che, al pari delle insegne, servono soltanto a trasmettere un’informazione.

Bonus R&S: nessun ostacolo se non si può indicare in dichiarazione


Un contribuente che ha ridefinito la scadenza del proprio periodo d’imposta, originariamente stabilito dal 1° ottobre al 30 settembre, fissandola al 31 dicembre 2020 e che per il periodo d’imposta ultrannuale 1° ottobre 2019 – 31 dicembre 2020 deve inserire nel modello “Redditi SC2021” il credito d’imposta Ricerca e Sviluppo maturato ai sensi della L. n. 190/2014, può beneficiare ugualmente dell’agevolazione, anche se il sistema di controllo automatico, aggiornato al credito R&S di cui alla successiva L. n. 160/2019, non ha consentito l’inserimento del codice B9 riferibile alla corretta annualità (Agenzia Entrate – risposta 17 gennaio 2022, n. 30).

L’art. 1, co. 35, L. n. 190/2014 ha previsto l’attribuzione di un credito d’imposta a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019.


Al fine di evitare eventuali abusi, la normativa ha previsto l’indicazione del credito in dichiarazione e stabilito che un professionista, incaricato della revisione legale dei conti, certifichi la documentazione contabile che attesta l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili, nonché la corrispondenza delle stesse.


Il termine di applicabilità della citata norma è stato più volte prorogato e definitivamente fissato dall’art. 1, co. 209, L. n. 160/2019, nella fine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019.


Ciò detto, il modello SC/2021 relativo al periodo d’imposta 2020, prevede che, nella sezione I del quadro RU, con il codice credito “B9” va indicato l’importo residuo del credito d’imposta per le spese in attività di ricerca e sviluppo, istituito dall’art. 3 del D.L. n. 145/2013, come sostituito dall’art. 1, co. 35, L. n. 190/2014, assumendo che il credito sia stato già indicato nelle dichiarazioni annuali dei periodi d’imposta precedenti, mentre nella sezione IV va indicato il solo credito per le attività di R&S contemplato dalla L. n. 160/2019.


Nel caso di specie, essendo il credito maturato nel periodo d’imposta ultrannuale 1° ottobre 2019 – 31 dicembre 2020, lo stesso non può essere esposto né nella sezione I del quadro RU (non trattandosi di un “residuo” proveniente dalla dichiarazione annuale del periodo d’imposta precedente), né nella sezione IV (riservata al credito per le attività di R&S di cui alla L. n. 160/2019).


Conseguentemente, in linea con quanto chiarito con la risoluzione n. 54/E del 2 maggio 2017, nel caso di specie, nonostante l’impossibilità di indicare il credito d’imposta modello SC/2021, il contribuente può comunque utilizzare detto credito in compensazione, fermo restando l’obbligo di osservare le modalità di fruizione disposte dalla disciplina di riferimento e di conservare la documentazione contabile certificata dal revisore (o dalla società di


revisione) a comprova del credito, da esibire ad eventuale richiesta dell’Agenzia delle entrate.

In arrivo il modello per i carichi affidati dal 1 ° gennaio 2022


Approvato il nuovo modello di cartella di pagamento per i carichi affidati all’Agente della riscossione a partire dal 1° gennaio 2022. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 17 gennaio 2022, n. 14113)

L’adozione del nuovo modello di cartella di pagamento si rende necessario allo scopo di adeguarne il contenuto informativo in conseguenza della revisione della disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione di cui all’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.


A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 15, della legge n. 234 del 30 dicembre 2021 (c.d. Legge di Bilancio per il 2022) al citato art. 17 del d.l.gs. n. 112 del 1999, la copertura dei costi di gestione del servizio nazionale di riscossione viene assicurata mediante appositi stanziamenti di risorse a carico del bilancio dello Stato.


Addio all’aggio per le cartelle di pagamento. Niente più oneri di riscossione, 3% o 6% delle somme iscritte a ruolo per pagamenti rispettivamente entro o oltre i sessanta giorni.


Eliminata anche la quota pari all’1% delle somme iscritte a ruolo per le ipotesi di riscossione spontanea. Queste somme saranno, infatti, a carico del bilancio dello Stato, così come previsto dalla legge n. 234/2021 (legge di Bilancio 2022).


A carico del debitore resteranno, invece, le spese relative alle procedure esecutive e cautelari e le spese di notifica della cartella di pagamento e degli eventuali ulteriori atti di riscossione.


Per i carichi affidati fino al 31 dicembre 2021 gli oneri di riscossione continueranno ad essere dovuti nella misura e secondo le ripartizioni previste dalle previgenti disposizioni di legge.


Gli agenti della riscossione dovranno utilizzare il nuovo modello per le cartelle relative ai carichi affidatigli a partire dal 1° gennaio 2022, mentre per quelle relative ai carichi affidati fino al 31 dicembre 2021 dovrà essere utilizzato il modello approvato con il provvedimento del 14 luglio 2017, indipendentemente dalla data di notifica della cartella di pagamento che potrà avvenire anche successivamente al 31 dicembre 2021.

Approvato il modello Iva 2022


Approvati i modelli di dichiarazione IVA/2022 concernenti l’anno 2021, con le relative istruzioni, da presentare nell’anno 2022 ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (Agenzia Entrate – provvedimento 14 gennaio 2022, n. 11160).

Tra le novità della nuova dichiarazione, da presentare entro il 02 maggio 2022, ci sono l’introduzione di nuovi campi per indicare le percentuali di compensazione applicate dagli agricoltori nell’ambito del regime speciale loro riservato, e per le operazioni riguardanti beni e servizi necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 e vengono introdotte nuove regole per l’applicazione dell’imposta nell’e-commerce.


Inoltre, è stata prevista una versione semplificata  del modello di dichiarazione annuale da riservare ai contribuenti che nel corso dell’anno hanno determinato l’imposta secondo le regole generali previste dalla disciplina IVA; in tal senso viene approvato il Modello IVA BASE/2022 che può essere utilizzato in alternativa al Modello IVA/2022.


In particolare, per l’anno 2022, vengono approvati i seguenti modelli, con le relative istruzioni, concernenti le dichiarazioni relative all’anno 2021 da presentare ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:


– Modello IVA/2022 composto da:


a) il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;


b) i quadri VA, VB, VC, VD, VE, VF, VJ, VH, VM, VK, VN, VL, VP, VQ, VT, VX, VO, VG, VS, VV, VW, VY e VZ;


– Modello IVA BASE/2022 composto da:


a) il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;


b) i quadri VA, VB, VE, VF, VJ, VH, VL, VP, VX e VT.