Legge di Bilancio 2022: bonus edilizia, verde, facciate e barriere architettoniche


A seguito dell’approvazione della legge di Bilancio 2022, sono state disposte la proroga delle detrazioni fiscali efficienza energetica e ristrutturazione edilizia e del Bonus verde, le modifiche al bonus facciate ed è stata introdotta la detrazione per gli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche (art. 1, commi 37-39 e 42).

Efficienza energetica e ristrutturazione edilizia

Disposta la proroga fino al 31 dicembre 2024 delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, di ristrutturazione edilizia, nonché per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici. Per tali ultime spese la norma riduce altresì l’importo massimo detraibile, fissandolo nella misura di 10.000 euro per l’anno 2022 e di 5.000 euro per gli anni 2023 e 2024.

Bonus verde

Prorogata fino al 2024 l’agevolazione fiscale inerente la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36 per cento della spesa sostenuta, nel limite di spesa di 5.000 euro annui e – pertanto – entro la somma massima detraibile di 1.800 euro.

Bonus facciate

Estesa al 2022 l’applicazione del cosiddetto “bonus facciate” per le spese finalizzate al recupero o restauro della facciata esterna di specifiche categorie di edifici, riducendo dal 90 al 60 la percentuale di detraibilità.

Interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche

Ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, ai contribuenti è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 per la realizzazione di interventi direttamente finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in edifici già esistenti.
La detrazione, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 75 per cento delle spese sostenute ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a:
a) euro 50.000 per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
b) euro 40.000 moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
c) euro 30.000 moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.
La detrazione spetta anche per gli interventi di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari funzionali ad abbattere le barriere architettoniche nonché, in caso di sostituzione dell’impianto, per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dei materiali e dell’impianto sostituito.
A tale agevolazione è applicabile la disciplina in materia di opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali.


Legge di Bilancio 2022: ridotta l’Irpef sui redditi di lavoro


A decorrere dal 1° gennaio 2022 viene rimodulata l’IRPEF con una nuova suddivisione delle fasce di reddito, la riduzione delle aliquote per gli scaglioni di reddito intermedi e l’incremento delle detrazioni d’imposta collegate al reddito di lavoro, nonché la modifica del trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (art. 1, co. 2 e 3 della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 – cd. Legge di Bilancio 2022)

Con lo scopo dichiarato di ridurre la pressione fiscale, la Legge di Bilancio 2022 modifica l’articolo 11 del TUIR con una rimodulazione degli scaglioni di reddito, che passano da 5 a 4, e la contestuale redistribuzione delle aliquote IRPEF, con un riduzione di quelle sulle fasce di reddito intermedie.
A decorrere dal 1° gennaio 2022 l’IRPEF (lorda) è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
a) fino a 15.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25 per cento;
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;
d) oltre 50.000 euro, 43 per cento.

Legge di Bilancio 2022, inoltre, modifica l’articolo 13 del TUIR, con una rimodulazione delle detrazioni di lavoro.


In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2022:
– per i redditi di lavoro dipendente e assimilati spetta una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro nell’anno, pari a:
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro;
b) 1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro;
c) 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
È previsto un incremento di tale detrazione, di 65 euro, qualora il reddito complessivo risulti tra 25.000 e 35.000 euro.


– per i redditi di pensione spetta una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di pensione nell’anno, pari a:
a) 1.955 euro, se il reddito complessivo non supera 8.500 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;
b) 700 euro, aumentata del prodotto fra 1.255 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 19.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma non a 28.000 euro;
c) 700 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.0 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
Anche per la detrazione sui redditi di pensione è previsto un incremento, pari a 50 euro, qualora il reddito complessivo risulti tra 25.000 e 29.000 euro.


– per i redditi di lavoro autonomo, d’impresa e assimilati spetta una detrazione dall’imposta lorda, pari a:
a) 1.265 euro, se il reddito complessivo non supera 5.500 euro;
b) 500 euro, aumentata del prodotto fra 765 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 22.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 5.500 euro ma non a 28.000 euro;
b-bis) 500 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.
Anche per la detrazione sui redditi di lavoro autonomo, d’impresa e assimilati viene previsto un incremento, pari a 50 euro, qualora il reddito complessivo risulti tra 11.000 e 17.000 euro.

Sempre in relazione alla tassazione dei redditi di lavoro, la Legge di Bilancio 2022 modifica le disposizioni contenute nel D.L. n. 3 del 2020 riguardanti il trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, abrogando contestualmente l’ulteriore detrazione fiscale per redditi di lavoro dipendente e assimilati.
A decorrere dal 1° gennaio 2022, qualora l’imposta lorda determinata sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, sia di importo superiore a quello della detrazione spettante in relazione ai medesimi redditi di lavoro, è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, rapportato al periodo di lavoro, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a 1.200 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro (non più 28.000 euro).
Il trattamento integrativo è riconosciuto anche se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro, a condizione che la somma delle detrazioni per carichi di famiglia, delle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, delle detrazioni per le spese di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica degli edifici sostenute fino al 31 dicembre 2021, sia di ammontare superiore all’imposta lorda. In tal caso il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda.


Legge di bilancio 2022: primi chiarimenti sui trattamenti di integrazione salariale


Si forniscono le prime indicazioni per l’accesso al trattamento di integrazione salariale relativamente alle modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2022.


Le modifiche disposte con la legge di bilancio 2022 sono entrate in vigore il 1°gennaio 2022 e si riferiscono operativamente ai periodi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa integrati dai trattamenti di cassa integrazione guadagni, decorrenti dal 1°gennaio 2022. Le innovazioni non trovano, invece, applicazione con riferimento alle richieste aventi ad oggetto periodi plurimensili, a cavallo degli anni 2021-2022, in cui la riduzione /sospensione dell’attività lavorativa sia iniziata nel corso dell’anno 2021, ancorché successivamente proseguita nel 2022.


Con l’articolo 1, commi 191 e 192, della legge in parola, si modificano le disposizioni degli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 148/2015 e, in particolare con il comma 1 lett. a), modifica il dettato dall’articolo 1, disponendo l’ampliamento della platea dei lavoratori quali possibili beneficiari delle integrazioni salariali. Con le modifiche, si dispone esplicitamente che nelle ipotesi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa, decorrenti dal 1°gennaio 2022, possono essere destinatari del trattamento di integrazione salariale oltre ai lavoratori dipendenti assunti con contratto subordinato – ad esclusione dei lavoratori con la qualifica di dirigenti- anche i lavoratori a domicilio e i lavoratori con apprendistato di alta formazione e di ricerca, i lavoratori con apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di apprendistato di alta formazione e ricerca.
Il citato articolo comma 192, lett. da a) a c), nel modificare l’articolo 2 del d.lgs. n. 148, interviene destinando il trattamento di integrazione salariale anche ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato senza più circoscrivere l’intervento ad una sola tipologia di tale rapporto di lavoro.
In particolare, abrogando, all’articolo 2 la parola “professionalizzante” si inseriscono nella platea dei lavoratori beneficiari del trattamento di CIGS i lavoratori assunti con contratto di apprendistato a prescindere dalla tipologia dello stesso, comprendendo dunque l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, l’apprendistato professionalizzante e l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Lo stesso dicasi per gli apprendisti alle dipendenze di datori di lavoro rientranti sia nelle tutele del Fondo di integrazione salariale (FIS), per le causali ordinarie.
Infine, con l’introduzione di un ultimo periodo al comma 4, dell’articolo 2 del d.lgs. n. 148, si precisa, che non debba essere pregiudicato – nelle ipotesi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro- il completamento del percorso formativo come eventualmente ridefinito ai sensi degli articoli 43, comma 3 e 45, comma 4 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 in caso di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di apprendistato di alta formazione e ricerca.


La legge di bilancio modifica altresì il requisito dell’anzianità di effettivo lavoro (articolo 1, comma 2 del d.lgs. n. 148/20215) che i lavoratori devono aver maturato presso l’unità produttiva presso la quale operano, per poter essere ricompresi nella platea dei beneficiari delle integrazioni salariali.
Il citato requisito passa dai precedenti 90 giorni a solo 30 giorni, che devono esser stati maturati alla data di presentazione della domanda di autorizzazione alla concessione del trattamento di CIG, sia esso ordinario o straordinario. Resta fermo che tale requisito non è richiesto per l’accesso ai trattamenti di cassa integrazione ordinaria (CIGO) riconosciuti per la causale di evento non oggettivamente evitabile nel settore industriale.
Il requisito dell’anzianità dei 30 giorni si consegue in relazione allo svolgimento di effettivo lavoro, intendendo con tale locuzione le giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla tipologia di orario di lavoro svolto, indipendentemente dal fatto che tale anzianità sia o meno maturata in via continuativa o che sia immediatamente precedente all’inizio dell’intervento dell’ammortizzatore sociale e comprendendo nel computo anche le giornate di sospensione dall’attività lavorativa derivanti dalla fruizione di ferie , festività , infortuni e astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.
Nel corso dei programmi contemplati dal decreto legislativo n. 148/2015 non hanno rilevanza gli spostamenti dei lavoratori da un sito ad un altro della medesima impresa, entrambi interessati da interventi di CIGS.
Il requisito di anzianità, innanzi citato, del lavoratore -che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto- si computa tenendo conto del periodo durante il quale il lavoratore è stato impegnato nell’attività appaltata.


Dopo l’articolo 2, del d.lgs. 148, la riforma introduce l’articolo 2 bis, che prevede nuovi criteri per il computo dei dipendenti ai fini del ricorso all’intervento di cassa integrazione. La norma, intervenendo sulle disposizioni generali, definisce in termini di ampliamento e di universalità quali lavoratori debbano essere considerati al fine della determinazione delle soglie dimensionali per l’accesso alle prestazioni di integrazione al reddito.
Come è noto, per l’accesso ai trattamenti di integrazione è richiesto che l’impresa abbia alle proprie dipendenze mediamente più di 15 dipendenti, da calcolarsi in riferimento al semestre precedente la data di presentazione della domanda. Nel computo di tale quota minima di dipendenti sono inclusi i lavoratori con la qualifica di dirigente, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti e, per effetto della riforma, anche i lavoratori che prestano la loro opera con il vincolo di subordinazione, sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
Si chiarisce, con il nuovo comma, che sono da includersi nel calcolo dell’organico lavoratori che svolgono prestazione lavorativa presso il domicilio proprio o in un altro locale di cui abbiano disponibilità, i collaboratori etero-organizzati di cui all’art. 2 del D. Lgs n. 81/2015, i lavoratori con apprendistato di alta formazione e di ricerca, i lavoratori con apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di apprendistato di alta formazione e ricerca.
Resta fermo che si prescinde, invece, dalla verifica del numero dei dipendenti nelle ipotesi di accesso agli ammortizzatori sociali straordinari da parte di:
a) imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché imprese del sistema  aeroportuale;
b) partiti e movimenti politici e loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, a condizione che risultino iscritti nel registro di cui all’articolo 4, comma 2, del DL 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13.
Il requisito relativo alla classe dimensionale, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda, le cui richieste di accesso agli ammortizzatori sociali siano state presentate prima che siano trascorsi sei mesi dall’operazione societaria del trasferimento di azienda, deve sussistere, per l’impresa subentrante, nel periodo decorrente dalla data del predetto trasferimento.


Dal 1° gennaio 2022, per i trattamenti di integrazione salariale relativi ai periodi di sospensione o riduzione di attività lavorativa, si ha l’eliminazione del c.d. tetto basso della misura del trattamento di integrazione salariale, con la previsione, invece, di un unico tetto della prestazione pari a quello alto (importo massimo mensile di cui al comma 5 lettera b)).
In particolare, i trattamenti di integrazione salariale saranno, erogati ai lavoratori coinvolti, commisurandoli, indipendentemente dalla retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento nella misura e nel limite massimo dell’importo massimo mensile come rivalutato ai sensi delle indicazioni previste.
Detto importo è calcolato e rivalutato annualmente dall’INPS secondo gli indici ISTAT e prescinde dalla retribuzione mensile di riferimento dei lavoratori.
Per l’anno 2021, è stato quantificato in € 1.199,72.


Dal 1° gennaio 2025, un calcolo della contribuzione addizionale ridotta. In particolare, la disposizione prevede una riduzione della contribuzione addizionale a carattere premiante per le prestazioni di CIGO e di CIGS rispetto alle attuali aliquote.
Per le aziende che non abbiano fruito di trattamenti di integrazione salariale per almeno ventiquattro mesi dall’ultima richiesta, la misura – premiante- sarà calcolata secondo le seguenti aliquote:
– al 6% fino a 52 settimane di ricorso all’ammortizzatore sociale in un quinquennio mobile;
– al 9% oltre le 52 settimane e fino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
– al 15% oltre le 104 settimane in un quinquennio mobile.
Resta fermo che non sono tenute al versamento del contributo addizionale le seguenti imprese:
– sottoposte a procedura concorsuale;
– ammesse all’amministrazione straordinaria e che ricorrono ai trattamenti di cui all’articolo 7, comma 10 ter, del DL 20 maggio 1993, n. 148 come convertito con modificazioni nella legge 19 luglio 1993, n. 236.


Con l’articolo 7 del decreto legislativo n. 148 è disposto che le integrazioni salariali sono corrisposte dall’impresa ai lavoratori aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga. L’Istituto nazionale di previdenza sociale rimborsa o conguaglia l’importo delle integrazioni secondo le norme per il conguaglio tra contributi dovuti e prestazioni corrisposte.
Con la legge di bilancio 2022, viene introdotto all’articolo 7 del d.lgs. n. 148, il comma 5 bis che pone degli obblighi, a pena di decadenza, in capo al datore di lavoro che non anticipa il versamento del trattamento integrativo ai lavoratori.
In particolare, nelle ipotesi in cui il Ministero del lavoro abbia autorizzato il pagamento diretto ai lavoratori da parte dell’INPS della prestazione di integrazione salariale, il datore di lavoro è tenuto a pena di decadenza dell’autorizzazione, ad inviare all’INPS tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale, entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui inizia il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore entro il termine di 60 giorni dalla data del provvedimento di autorizzazione alla concessione della cassa integrazione.
Trascorsi tali termini, senza l’adempimento dei citati obblighi di comunicazione, il pagamento della prestazione di integrazione salariale e degli oneri ad essa connessi rimangono in capo al datore di lavoro.
Resta fermo che lo stesso Ministero del lavoro conserva la possibilità di disporre una successiva revoca dell’autorizzazione a tale modalità di erogazione del trattamento di integrazione salariale, a seguito degli esiti degli accertamenti da parte dell’organo ispettivo della carenza dei parametri indicati in nota circolare n. 26511 del 2009, sull’indice di liquidità o nelle ipotesi in cui il medesimo servizio ispettivo accerti l’assenza di difficoltà di ordine finanziario da parte dell’impresa istante.


L’articolo 1, comma 197 della legge 234/2021 introduce all’articolo 8 del d.lgs. n. 148 le seguenti modifiche e novità.
In primo luogo, al citato articolo 8 è sostituita la rubrica che non è più “Condizionalità e politiche attive del lavoro” ma passa ad essere “Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa”, al contempo, si dispone, poi, l’abrogazione della disposizione di cui al primo comma e l’integrale sostituzione del dettato di cui al secondo comma.
In particolare, il lavoratore, già beneficiario di integrazione salariale, che svolga – nel periodo di sospensione o riduzione di orario di lavoro- attività di lavoro subordinato di durata superiore ai sei mesi nonché attività di lavoro autonomo non ha diritto al trattamento di integrazione salariale per le giornate di lavoro effettuate.
Qualora poi, il lavoratore svolga attività di lavoro subordinato a tempo determinato di durata pari o inferiore alle sei mensilità, il trattamento di integrazione salariale resta sospeso per la durata del rapporto di lavoro.

ARAN: Ipotesi di CCNQ per la definizione delle aree di contrattazione


 

Sottoscritta il 29/12/2021, presso l’ARAN l’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione della composizione delle aree di contrattazione collettiva nazionale di cui all’art. 7 del CCNQ 3/8/2021.

Il presente contratto dà attuazione alla previsione di cui all’art. 7, comma 2 del CCNQ del 3/8/2021 per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale, il quale espressamente aveva disposto che la composizione delle Aree dirigenziali delle pubbliche amministrazioni, sarebbe stata definita in apposita successiva sessione negoziale.
Ciò posto, il presente accordo stabilisce che i dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 del D.Lgs. 30/3/2001, n. 165 disciplinati dai contratti collettivi nazionali relativi al rapporto di lavoro pubblico, ivi compresi quelli di livello dirigenziale generale, ove previsti dai relativi ordinamenti, i segretari comunali e provinciali e i professionisti già ricompresi nelle precedenti aree dirigenziali, sono aggregati nelle seguenti autonome aree di contrattazione collettiva:

A) Area delle Funzioni centrali;
B) Area delle Funzioni locali;
C) Area dell’Istruzione e della ricerca;
D) Area della Sanità.

Nell’art. 2 dell’accordo 29/11/2021, sono indicate in maniera precisa le varie figure dirigenziali aggregate.
Si segnala, infine, che la presente ipotesi di accordo diverrà operativa a seguito della sottoscrizione definitiva del CCNQ che avverrà a conclusione della fase di controllo prevista dal D.Lgs. n. 165/2001.