Carried interest: qualificazione come redditi di natura finanziaria

Con la risposta a interpello del 19 settembre 2023, n. 432, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito al “carried interest” e alla possibilità che tale provento sia qualificato come reddito di capitale, ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR.

L’articolo 60, comma 1, D.L. n. 50/2017  prevede che i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi.

 

La presunzione in questione è applicabile in presenza di determinate condizioni:

  • l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1% dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;

  • i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;

  • le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».

L’Agenzia spiega  come la sussistenza dei richiamati requisiti sia garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ovvero la ratio dell’assimilazione di tali proventi ai redditi di natura finanziaria.

Nel caso di specie, l’Istante ha descritto una complessa struttura di investimento che prevede la sottoscrizione di quote ordinarie di un fondo e quote speciali di una limited partnership differente rispetto al soggetto emittente le quote ordinarie.

Tale articolazione, chiarisce l’Agenzia, non è conforme alle previsioni della norma in esame, la quale prevede espressamente che l’ammontare minimo dell’investimento debba essere parametrato non a un progetto con investimenti multipli, ma agli importi impegnati dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o con il patrimonio netto dell’emittente, nel caso di società o enti.

Inoltre, l’Agenzia rileva non conforme alla disciplina dell’articolo 60 la circostanza che la verifica della ricorrenza del requisito del rendimento minimo o hurdle rate debba essere operata con riferimento all’investimento effettuato dagli investitori nei ”fondi paralleli” e non, invece, con riferimento al rendimento  ritraibile dagli investitori che partecipano alla partnership che emette le quote speciali.

Un’ulteriore criticità risiede nella circostanza che la Società istante operi quale sub advisor del soggetto incaricato del supporto al soggetto gestore dei ”fondi paralleli”.

Le advisory company, infatti, intervengono sulle strategie di investimento e sulle relative scelte fornendo un supporto alla gestione che ne condiziona le decisioni, ma tale estensione dell’ambito soggettivo di applicazione non può includere anche soggetti che forniscano servizi di supporto alle advisor company, vendendo così meno il nesso tra le scelte strategiche del management ed il risultato atteso dagli investitori.

Pertanto, l’Agenzia mette in atto un’analisi volta a verificare l’idoneità dell’investimento per determinare l’allineamento di rischi tra soci e management, consentendo di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
In particolare, nel caso di specie, assumono rilievo ai fini della qualificazione dei redditi di natura finanziaria, tre elementi:

  1. la presenza di investitori non manager tra gli aventi diritto ai proventi connessi alle  quote speciali;

  2. l’idoneità dell’investimento in termini di ammontare, incluso l’investimento in quote ordinarie, a garantire l’allineamento di interessi tra investitori e manager;

  3. la remunerazione dei manager adeguata per l’attività svolta.

Assumono, inoltre, rilievo le integrazioni contrattuali dirette a non limitare in alcun modo il rischio di perdita del capitale investito dai manager, allineando il profilo di rischio di questi ultimi con quello degli altri investitori.

Dunque, sulla base di quanto emerso a seguito delle predette modifiche, l’Agenzia giunge a ritenere che i redditi derivanti dall’investimento in quote speciali in esame possano costituire redditi di natura finanziaria.

In Gazzetta Ufficiale il decreto istitutivo del Fondo Tlc

Pubblicato il provvedimento di istituzione dello strumento di sostegno dei lavoratori nei  casi di riduzione o sospensione dell’attività per le cause previste dalle disposizioni in materia di integrazione salariale (D.M. 4 agosto 2023).

Il decreto ministeriale di istituzione del Fondo di solidarietà bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 settembre 2023. Nell’ambito dell’attività del Fondo rientrano tutte le imprese esercenti servizi di telecomunicazione, con licenze/autorizzazioni, laddove siano previste: ovvero le realtà che erogano servizi di telefonia fissa e/o mobile e/o servizi di trasmissione dati e/o contenuti digitali e multimediali, anche attraverso l’esercizio di reti e servizi di networking (commercio elettronico, internet, posta elettronica, ecc); imprese che svolgono attività di assistenza e gestione della clientela, in particolare per le imprese di telecomunicazione; imprese di sviluppo e implementazione di servizi per soluzioni tecnologiche applicate anche alle telecomunicazioni e alle Imprese che forniscono servizi per contenuti digitali e multimediali (articolo 1, comma 1 D.M. 4 agosto 2023).

Beneficiari e prestazioni

I beneficiari del Fondo sono individuati nei lavoratori delle imprese sopra citate ai quali possono essere fornite le seguenti prestazioni (articolo 5, comma 1):

– finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali e/o dell’Unione europea;
– prestazioni integrative, in termini di importi, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro;
– prestazioni integrative, in termini di importi, rispetto ai trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente in costanza di rapporto di lavoro;
– prestazioni aggiuntive, in termini di durata, rispetto a quelle previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il Fondo assicura, per il periodo di erogazione delle stesse, il versamento della contribuzione correlata alla gestione previdenziale di iscrizione del lavoratore interessato;
assegno straordinario, riconosciuto nel quadro di processi di esodo di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni;
– assicurare, in via opzionale e nel rispetto della legislazione vigente, il versamento mensile di contributi previdenziali nel quadro di processi connessi alla staffetta generazionale a favore di lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 3 anni, consentendo la contestuale assunzione, anche con contratto di apprendistato, presso il medesimo datore di lavoro, di lavoratori di età non superiore a 35 anni compiuti per un periodo non inferiore a 3 anni.

Amministrazione del Fondo

Il Fondo è gestito da un Comitato amministratore, che rimane in carica per 4 anni, composto da 4 componenti designati da Assotelecomunicazioni – Asstel e 4 componenti designati da SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL, UGL Telecomunicazioni che devono possedere i requisiti di professionalità e onorabilità previsti dagli articoli 37 e 38 del D.Lgs. n. 148/2015, nonché da 2 rappresentanti, con qualifica di dirigente, rispettivamente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze, che devono possedere i requisiti di onorabilità previsti dal citato articolo 38 (articolo 3, D.M. 4 agosto 2023).

Infine, nel decreto in commento sono indicati i criteri e le misure delle prestazioni (articolo 6) e le fonti di finanziamento del Fondo (articolo 7) individuate in contributi ordinari, addizionali e straordinari a carico, in percentuale diverse, sia del datore di lavoro, sia del lavoratore, oltre che le modalità di accesso alle prestazioni (articolo 8) e di precedenza (articolo 9). 

 

CCNL Poste: è accordo sulla proroga del lavoro agile

Prorogato lo smart working per i lavoratori del settore fino al 31 dicembre 2024 

Nella giornata del 14 settembre 2023, Poste Italiane S.p.A. anche in rappresentanza di Poste Vita S.p.A., e Poste Assicura S.p.A., Poste Welfare Servizi S.r.l., Egi S.p.A., Bancoposta Fondi S.p.A. Sgr, Postepay S.p.A., Postel S.p.A., Address S.p.A., Nexive Network S.r.l. e Slp-Cisl, Slc-Cgil, Uilposte, Confsal Comunicazioni, Failp-Cisal e Fncugl Comunicazioni, hanno sottoscritto il Verbale di Accordo relativo alla proroga dello svolgimento dell’attività di lavoro in modalità agile.
Difatti, le Parti Firmatarie, ai sensi di quanto previsto dall’art. 27 del CCNL 23 giugno 2021, confermano la possibilità di lavorare in smart working sino al 31 dicembre 2024 secondo la disciplina di riferimento e per gli ambiti organizzativi e figure professionali indicati negli Accordi del 1 marzo 2022 e del 3 agosto 2022.
Eventuali modifiche ed integrazioni degli ambiti organizzativi e delle figure professionali interessate possono formare oggetto di approfondimento realizzato con le OO.SS. nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio Paritetico sul lavoro agile.
La prestazione di lavoro può esser posta in essere nella suddetta modalità, per tutto l’intero giorno dedicato e per un massimo di 2 giorni a settimana e 9 giorni al mese, secondo le esigenze organizzative e produttive delle funzioni aziendali.
Quanto stabilito non trova però applicazione per il settore di Assistenza Clienti e Back Office in ambito DTO, per i quali, in ragione della particolare natura delle attività presidiate, vengono individuate soluzioni organizzative che consentono l’alternanza tra lo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto e il rientro in sede per almeno 1 settimana lavorativa al mese, salvo specifiche esigenze organizzative per le quali è necessaria la presenza in sede per un numero di giorni superiore.
Per il personale turnista appartenente a tali ambiti la prestazione di lavoro agile può esser resa 24 ore, in coerenza con la turnazione di volta in volta prevista nelle strutture di appartenenza.
I Quadri con responsabilità organizzative, possono effettuare l’attività di lavoro in modalità agile a giornata intera per 2 giorni al mese.
Ed inoltre, per il personale impiegato in attività remotizzabili nell’ambito dell’insourcing, vengono osservate le modalità di lavoro attualmente in essere.
Nei confronti del personale assegnato ad attività operative, a decorrere da gennaio 2024, si attiva la modalità in lavoro agile per finalità formative, secondo quanto previsto dal Verbale di  Accordo del 3 agosto 2022.
Relativamente all’incontro dell’Osservatorio Paritetico sul lavoro agile, vengono approfondite le seguenti tematiche: modalità di applicazione dell’istituto alle ipotesi di accomodamento ragionevole, fruizione da parte dei dipendenti di postazioni di prossimità, possibilità di attivazione del lavoro agile in caso di calamità naturali per le attività da remoto.

Ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani: adeguamento del Fondo di solidarietà bilaterale

La disciplina del Fondo di solidarietà bilaterale ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani è stata adeguata alle disposizioni del D.Lgs. n. 148/2015 in materia di ammortizzatori sociali (D.M. 28 luglio 2023).

Si tratta del Fondo istituito presso l’INPS dal D.M. n. 95440/2016 al fine di assicurare ai lavoratori del settore dei Gruppi ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani, a prescindere dalla consistenza numerica dell’organico, una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia d’integrazione salariale ordinaria o straordinaria.

 

Il Fondo provvede all’erogazione dell’assegno ordinario a favore dei lavoratori, esclusi i dirigenti, allorquando la riduzione o sospensione dell’attività lavorativa sia dovuta a una situazione di crisi del Gruppo.

 

Infatti, l’articolo 8, comma 1, del decreto istitutivo prevede che l’accesso alla prestazione è subordinato a una comunicazione dell’A.N.G.O.P.I. alle Segreterie Nazionali di FILT CGIL, FIT CISL e UILTRASPORTI relativa alla situazione di crisi, al fine di valutare congiuntamente le reali necessità di personale o di ore di lavoro e, conseguentemente, il fabbisogno di prestazioni integrative del reddito.

 

Il decreto ministeriale in oggetto, pubblicato sulla G.U. del 16 settembre 2023, dà attuazione all’accordo con cui è stata prevista la modifica della disciplina del Fondo di solidarietà bilaterale ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani. La modifica ha lo scopo di adeguare la durata e l’importo della prestazione dell’assegno di integrazione salariale, riconosciuto dal Fondo, alle nuove disposizioni dettate dalla normativa in materia di ammortizzatori sociali contenuta nel D.Lgs. n. 148/2015.

 

Pertanto, l’articolo 5, comma 3 del D.M. n. 95440/2016 è stato sostituito prevedendosi che l’importo dell’assegno di integrazione salariale erogato è pari a quello previsto dal comma 5-bis dell’articolo 3 del citato D.Lgs. n. 148/2015.

 

Vengono fissati anche i limiti massimi di durata della prestazione dell’assegno in questione, distinguendosi tra causali ordinarie e straordinarie.

 

La durata massima, dunque, è:

 

a) per le causali ordinarie, pari a quella prevista dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 148/2015 (13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane);

 

b) per le causali straordinarie, pari a quelle previste dall’articolo 22 del medesimo decreto legislativo.

 

Complessivamente, la durata massima non può comunque superare quella fissata dall’articolo 4, comma 1 del D.Lgs. n. 148/2015 (ovvero, 24 mesi in un quinquennio mobile).