Fondo Fasie: versamenti contributivi 2023 per le Aziende ed il personale del settore Vetro e Lampade



Erogazione dei contributi ed indicazione delle scadenze dei relativi versamenti per gli iscritti al Fondo


La Circolare n. 1/2023 indirizzata alle Aziende cui si applica il CCNL Vetro e Lampade-Industria, definisce le quote contributive che le Imprese anzidette ed il personale da loro impiegato, devono versare per l’anno 2023, al Fondo di assistenza sanitaria integrativa, Fondo Fasie.
Nelle tabelle sottostanti vengono riportati quindi i contributi 2023.


 










Quota azienda
Quota annua Quota dal 1° luglio
156,00 euro 78,00 euro































Quota lavoratore
  Quota annua Quota mensile
Vetro e Lampade 36,00 euro

228,00 euro lavoratore con 1 familiare


324,00 euro lavoratore con 2 o più familiari

3,00 euro

19,00 euro


27,00 euro

Opzione standard 189,00 euro 15,75 euro
Opzione standard con iscrizione del/dei familiari 198,00 euro per ogni familiare

384,00 euro per ogni convivente 

16,50 euro per ogni familiare

32,00 euro per ogni convivente

Opzione extra 339,00 euro 28,25 euro
Opzione extra con iscrizione del/dei familiari 198,00 euro per ogni familiare

384,00 euro per ogni convivente

16,50 euro per ogni familiare

32,00 euro per ogni convivente

Opzione plus 867,00 euro 72,25 euro

 


Regolazione del contributo a carico dell’Azienda per gli iscritti al Fondo dal 1° gennaio 2023
Il contributo a carico dell’azienda, di importo pari ad euro 156,00, corrisposto per ogni dipendente iscritto al Fondo, deve essere versato in un’unica soluzione entro il mese di gennaio 2023. Al contempo, deve essere inviata una distinta di contribuzione indicante le anagrafiche per cui è stato effettuato il bonifico, accedendo all’area Aziende del sito www.fasie.it, seguendo le istruzioni. Il mancato invio della distinta, può comportare la sospensione della posizione dei dipendenti assistiti.


Regolazione contributo a carico dell’Azienda per gli iscritti al Fondo dal 1° luglio 2023
Il contributo a carico dell’Azienda, pari ad euro 78,00 versato per ogni singolo dipendente iscritto al Fondo dal 1° luglio 2023, deve esser erogato in una sola soluzione entro il mese di luglio 2023. Contemporaneamente, deve esser inviata, accedendo all’area Aziende del sito www.fasie.it, seguendone poi le istruzioni, una distinta di contribuzione con il dettaglio delle anagrafiche per cui è stato effettuato il bonifico. Il mancato invio di questa, allungando i tempi di controllo e gestione, può comportare la sospensione della posizione dei dipendenti assistiti.


Regolazione contributo a carico del lavoratore iscritto al Fondo
Il contributo a carico di questo, sia per la propria quota che per quella dei propri familiari e/o conviventi iscritti al Fondo Fasie come paganti, deve esser corrisposto mensilmente al Fondo, entro il giorno 16 del mese successivo di competenza. In concomitanza, deve esser inviata anche in questo caso, una distinta di contribuzione con il dettaglio delle anagrafiche per cui è stato effettuato il bonifico, accedendo all’area Aziende del sito www.fasie.it e seguendone le istruzioni. Il mancato invio di questa, allungando i tempi di controllo e gestione, potrebbe comportare la sospensione della posizione dei lavoratori assistiti.


 

Indennità una tantum autonomi e professionisti e riesame delle domande respinte

I lavoratori destinatari dell’indennità una tantum che si sono visti respingere la domanda per non aver superato i controlli inerenti all’accertamento dei requisiti normativamente previsti, possono presentare istanza di riesame seguendo le istruzioni dell’INPS (INPS, messaggio 19 gennaio 2023, n. 317).

Come noto, si tratta dell’indennità una tantum pari a 200 euro in favore dei lavoratori autonomi e dei professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS e dei professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza di cui al D.Lgs. n. 509/1994, e al D.Lgs. n. 103/1996, successivamente incrementata di 150 euro a condizione che, nel periodo d’imposta 2021, gli aventi diritto abbiano percepito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro.

 

In considerazione della gestione amministrativa automatizzata e centralizzata della procedura di istruttoria delle domande, l’Istituto riporta, in apposito allegato al messaggio in commento, il dettaglio delle motivazioni di reiezione dell’indennità prevista in favore delle categorie di lavoratori, e la documentazione richiesta al soggetto interessato qualora intenda chiedere il riesame dell’esito di reiezione.

 

Il termine, non perentorio, per proporre istanza di riesame è di 90 giorni a decorrere dalla data di pubblicazione del messaggio in oggetto (ovvero dalla conoscenza della reiezione se successiva), al fine di consentire l’eventuale supplemento di istruttoria, anche mediante produzione da parte dell’interessato della documentazione utile.

L’utente può presentare richiesta di riesame accedendo alla stessa sezione del sito istituzionale in cui è stata presentata la domanda “Indennità una tantum 200 euro”.

 

Per le domande nello stato “Respinta” è disponibile la lista dei motivi di reiezione e il tasto “Chiedi riesame”, che consente di inserire la motivazione della richiesta e, attraverso la funzione “Allega documentazione”, i documenti previsti per il riesame.

 

L’Istituto riepiloga poi i requisiti che i lavoratori interessati devono fare valere congiuntamente ai fini dell’accesso all’indennità una tantum, ovvero: a) avere percepito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro nel periodo d’imposta 2021 (non superiore a 20.000 euro per l’incremento della misura); b) essere già iscritti alla gestione autonoma con posizione attiva alla data del 18 maggio 2022, data di entrata in vigore del decreto Aiuti; c) essere titolari di partita IVA attiva e con attività lavorativa avviata al 18 maggio 2022; d) avere effettuato, entro il 18 maggio 2022, per il periodo di competenza dal 1° gennaio 2020 e con scadenze di versamento entro il 18 maggio 2022, almeno un versamento contributivo, totale o parziale, alla gestione di iscrizione per la quale è richiesta l’indennità; e) non essere titolare di trattamenti pensionistici diretti alla data del 18 maggio 2022; f) non essere percettore delle prestazioni di cui agli articoli 31 e 32 del decreto Aiuti.

 

Si ricorda che, il valore reddituale da considerare ai fini del riconoscimento dei benefici in oggetto, è quello del reddito complessivo, come rilevato nel modello “Redditi Persone fisiche 2022”, dato dalla sommatoria di redditi contenuta nel quadro RN, rigo RN1, colonna 1, al netto dei contributi previdenziali obbligatori e del reddito fondiario dell’abitazione principale (rigo RN2).

 

L’INPS precisa che, in sede di istanza di riesame, qualora la domanda sia stata respinta per assenza del requisito di cui alla sopra elencata lettera c), è sufficiente presentare un’autocertificazione.

Tassazione in Italia del reddito svolto in smart working da lavoratore italiano residente all’estero

L’Agenzia delle Entrate fornisce risposta in merito alla tassazione in Italia dei redditi da lavoro dipendente a fronte delle prestazioni, rese in modalità smart working in Italia, da un lavoratore italiano residente all’estero (Agenzia delle Entrate, Risposta a istanza di interpello 19 gennaio 2023, n. 99).

L’istanza di interpello specificata in oggetto riguarda un contribuente che svolge un’attività di lavoro dipendente presso una società cinese. Risultando residente in Cina ha ottenuto la cancellazione dalle anagrafi della popolazione residente in Italia con la conseguente iscrizione all’AIRE. Il contribuente chiede se dovrà presentare la dichiarazione dei redditi, relativi all’anno 2020, solo in Cina, stato di residenza del lavoratore, in quanto nella stessa annualità il suddetto contribuente ha percepito esclusivamente redditi da lavoro dipendente prestato all’estero. La particolarità del caso consiste nel fatto che nei primi mesi del 2020 il lavoratore è rientrato per un breve soggiorno in Italia ma, a causa dell’emergenza COVID19, gli è stato impossibile rientrare presso la sua residenza in Cina, per via del blocco dei visti a tutti i cittadini stranieri anche se residenti. Per questo motivo ha continuato a lavorare dall’Italia in modalità smart working per la società cinese, mantenendo la residenza a Shangai. Il lavoratore segnala altresì che, in conseguenza dell’emergenza COVID19, nel 2020 sono stati registrati meno di 183 giorni di permanenza all’estero, lo precisa in quanto per periodi inferiori ai 183 giorni di permanenza all’estero la normativa interna italiana prevede che le imposte sui redditi siano pagate dal nostro Paese.

 

Per i motivi esposti, si chiede se, per l’anno 2020, i redditi di lavoro dipendente in esame debbano essere assoggettati ad imposizione in Italia o in Cina, e come eventualmente debbano essere riportati nella dichiarazione. 

 

In risposta al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i redditi derivanti da una attività lavorativa svolta in smart working nei confronti di una società cinese vanno tassati in Italia, non potendo trovare applicazione il principio di tassazione esclusiva nello Stato di residenza, in considerazione del soggiorno in Italia per un periodo superiore a 183 giorni. Rileva dunque che il lavoratore dovrà riportare nella dichiarazione dei redditi da presentare in Italia i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno di riferimento e determinati in base alle disposizioni contenute negli artt. 24 e 51, co. 1-8, del TUIR.

 

In merito all’individuazione della residenza per il periodo 2020, l’Agenzia assume acriticamente che la persona risulti residente in Cina per il 2020, e richiama i criteri individuati dall’art. 2 del TUIR, applicabili in assenza di una disposizione normativa che tenga conto dell’emergenza COVID. La norma stabilisce che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Sul piano del diritto convenzionale richiama invece l’articolo 4 del Trattato con la Cina che stabilisce le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra gli Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità. Il ricorso ai criteri delle tie breaker rules presuppone comunque un conflitto tra le normative interne dei due Stati sulla residenza del contribuente.

Nel caso specifico, si potrà accertare la residenza del lavoratore solo nell’ipotesi in cui le competenti Autorità tributarie cinesi ritengano il contribuente residente in Cina nel 2020, in base alla normativa interna di Stato.

L’Agenzia conclude quindi che una persona iscritta all’AIRE che rientra in Italia unicamente a seguito dell’emergenza Covid è considerata fiscalmente residente in Italia secondo le disposizioni interne se risulta avere il domicilio nel nostro Paese per la maggior parte del periodo d’imposta. Se dovesse verificarsi un conflitto di residenza con lo Stato estero, quest’ultimo dovrebbe essere risolto facendo ricorso ai criteri convenzionali, che stabiliscono i requisiti per determinare il luogo del soggiorno abituale.

Se in sede di accertamento viene contestata la residenza fiscale in Italia nel 2020, la stessa dovrebbe essere appurata non soltanto in virtù degli elementi richiesti dalla vigente normativa interna italiana (articolo 2, comma 2, del TUIR) quanto sulla base dei criteri stabiliti nella Convenzione tra l’Italia e la Cina, valorizzando i fatti e le circostanze specifiche (come, ad esempio, la disponibilità di un’abitazione permanente in Cina, l’assenza di familiari in Italia, le sue relazioni personali ed economiche).

CCNL Panifici: siglato il contratto tra Assipan e Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil

Sia per la parte normativa che economica i contenuti dell’accordo sono in linea e coerenti con gli accordi siglati con Fippa e con Fiesa-Confesercenti 

Nei giorni scorsi nella sede nazionale di Confcommercio è stato sottoscritto tra Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil e Assipan, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore della panificazione.
La firma dell’accordo, affermano i sindacati di categoria, è un risultato molto significativo alla luce del fatto che, dopo oltre 10 anni, un’importante associazione datoriale, che nel comparto rappresenta un numero considerevole di imprese, rientra nel sistema contrattuale di Fai-Flai-Uila.
Sia per la parte normativa che economica i contenuti dell’accordo sono in linea e coerenti con gli accordi siglati con Fippa e con Fiesa-Confesercenti il 31 maggio scorso.
Nella panificazione attualmente le OO.SS. Fai-Flai-Uila sono firmatarie di tre diversi contratti nazionali con tre associazioni imprenditoriali, nonostante i contenuti degli stessi accordi siano, di fatto, analoghi.
In questo contesto, pertanto, le stesse organizzazioni sindacali hanno annunciano di impegnarsi affinché, a partire dalla prossima tornata contrattuale, si possa aprire un negoziato in un solo tavolo di confronto per giungere alla sigla di un unico Contratto Nazionale con tutte le organizzazioni datoriali, obiettivo che consentirebbe di affrontare in modo più efficace le tematiche del settore.