DL Aiuti: disposizioni in materia di società benefit


Il credito d’imposta, pari al 50% dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit sostenuti sino al 31 dicembre 2021 ed utilizzabile in compensazione, non deve necessariamente essere speso per l’anno 2021. (art. 52-bis, DL n. 50/2022 convertito in L n. 91/2022).

Le «società benefit» sono società che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Le finalità sono indicate specificatamente nell’oggetto sociale della società benefit e sono perseguite mediante una gestione volta al bilanciamento con l’interesse dei soci e con l’interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto. Le finalità possono essere perseguite da ciascuna delle società di cui al libro V, titoli V e VI, del codice civile, nel rispetto della relativa disciplina. (art. 1, co. 376 e seg., legge 28 dicembre 2015, n. 208, dm 12 novembre 2021).
Per sostenere il rafforzamento, nell’intero territorio nazionale, del sistema delle società benefit, è riconosciuto un contributo sotto forma di credito d’imposta nella misura del 50 per cento dei costi di costituzione o trasformazione in società benefit, sostenuti a decorrere dal 19 luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Il credito d’imposta è riconosciuto fino all’esaurimento dell’importo massimo di 7 milioni di euro, che costituisce limite di spesa.
Le somme in conto residui, possono essere utilizzate, per l’importo di 1 milione di euro, per l’anno 2022.
(art. 38-ter, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Decreto Rilancio”) convertito in legge 17 luglio 2020, n. 77, modificato dall’art. 52-bis, comma 2, D.L. 17 maggio 2022, n. 50, conv. con modif. in L. 15 luglio 2022, n. 79).

Mobbing e provvedimenti disciplinari volti al discredito della dipendente


L’irrogazione da parte del datore di lavoro di numerosi provvedimenti disciplinari, volti a colpire la dipendente nella sua dignità, minandone gravemente l’autorevolezza ed il prestigio, integra l’ipotesi di mobbing (Corte di Cassazione, Ordinanza 15 luglio 2022, n. 22381).


Il principio è stato stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza di rigetto del ricorso proposto avverso la decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva accolto la domanda proposta da una lavoratrice nei confronti del Ministero dell’Istruzione e condannato lo stesso al risarcimento dei danni patiti dalla docente per effetto dell’illegittima condotta, integrante un’ ipotesi di mobbing, accertata con sentenza del TAR passata in giudicato ed emessa all’esito di vari giudizi proposti per l’annullamento di diversi provvedimenti adottati a suo carico.
La Corte territoriale, in particolare, a fondamento della sentenza, aveva valorizzato, ai fini dell’accoglimento della domanda della lavoratrice, la pronunzia del TAR che aveva accertato come la stessa fosse stata vittima di mobbing, sussistente la lamentata condotta persecutoria e l’intento vessatorio unificante tutti i comportamenti lesivi.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il MIUR, lamentando l’omesso accertamento della pretesa risarcitoria avanzata dalla lavoratrice, in quanto i giudici del gravame avevano erroneamente riconosciuto efficacia di giudicato all’accertamento compiuto sul punto dal giudice amministrativo.


La Corte di Cassazione, di contro, respingendo la doglianza del Ministero, ha posto in evidenza che i giudici di merito non avevano ritenuto formato, con riferimento alla sentenza del TAR, il giudicato sostanziale o formale sul diritto della dipendente al risarcimento del danno da mobbing, bensì si erano limitati a recepire la ricostruzione operata dal giudice amministrativo circa il rapporto di lavoro indubbiamente conflittuale intercorso tra le parti.
Ne era, pertanto, disceso il convincimento della medesima Corte d’appello circa l’illiceità della condotta posta in essere dall’amministrazione, volta a colpire la lavoratrice nella sua dignità, minandone gravemente l’autorevolezza ed il prestigio, piuttosto che a comporre il conflitto insorto nell’ambiente di lavoro, e circa la sua riconducibilità ad un’ ipotesi di mobbing.
Sulla scorta di tanto, il Supremo Collegio, condividendo le conclusioni della sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso, ritenuto sussistente il diritto al risarcimento del danno della lavoratrice in relazione al pregiudizio dalla stessa patito.

Garanzia Sace a sostegno delle imprese energivore


Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 luglio 2022 n. 169, il DPCM 12 luglio 2022, recante disposizioni per l’attuazione del sostegno alle imprese energivore di interesse strategico attraverso le garanzie di Sace S.p.a.

La misura di sostegno, attraverso il rilascio di garanzie in favore di banche per l’erogazione di linee di credito a imprese ad alto consumo energetico che gestiscono stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, prevista dall’art. 10, co. 1, D.L. n. 21/2022, conv., con modif., dalla L. n. 51/2022, è attuata da Sace S.p.a., ai sensi e nei limiti della sezione 2.2 della comunicazione della Commissione europea 2022/C 131 1/01 e previa autorizzazione della medesima Commissione in esito alla procedura di notifica ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.


A riguardo, costituiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale gli impianti siderurgici già in gestione del gruppo Ilva, gestiti, alla data di adozione del presente decreto, dal gruppo Acciaierie d’Italia.


Con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, possono essere individuati ulteriori stabilimenti che, per le relative caratteristiche di strategicità, rientrano nel campo di applicazione della misura prevista.


DL Aiuti convertito, compensazione dei crediti maturati dalle imprese verso la PA


Estesa la platea dei soggetti che possono compensare crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; tale possibilità viene riconosciuta anche per i crediti derivanti da prestazioni professionali (art. 20-ter, D.L. n. 50/2022, conv. Con modif. in L. n. 91/2022).

L’articolo 20-ter modifica l’articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di compensazioni di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.
In particolare, anche per le prestazioni professionali (non solo nel caso di somministrazione, forniture e appalti) i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.
Le disposizioni sopra citate si applicano anche alle somme contenute nei carichi affidati all’agente della riscossione successivamente al 30 settembre 2013 e, in ogni caso, entro il 31 dicembre del secondo anno antecedente a quello in cui è richiesta la compensazione.
Ai fini dell’applicazione delle norme in esame le certificazioni delle PA che attestano che il credito sia certo, liquido ed esigibile, recanti la data prevista per il pagamento, emesse mediante l’apposita piattaforma elettronica, sono utilizzate, a richiesta del creditore, per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo, effettuato in data antecedente a quella prevista per il pagamento del credito.
Si ricorda che su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, le pubbliche amministrazioni certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.
Tale certificazione, invece, non può essere rilasciata, a pena di nullità, dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari, ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, qualora nell’ambito di detti piani o programmi siano state previste operazioni relative al debito. Sono in ogni caso fatte salve le certificazioni rilasciate dalle regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari e già commissariate, nonché le certificazioni rilasciate nell’ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi.