Licenziamento: efficacia della comunicazione in forma indiretta


La volontà del datore di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara, atteso che non sussiste per il datore l’onere di adoperare formule sacramentali (Corte di Cassazione, Ordinanza 5 agosto 2022, n. 24391).


Un dipendente della provincia di Benevento, a seguito di infarto al miocardio, veniva dichiarato dalla Commissione medica di verifica non idoneo permanentemente al servizio in modo assoluto come dipendente della P.A. in base all’art. 55 d.lgs. n. 165/2001;
conseguentemente con Determinazione Dirigenziale n. 119/2014 del 15/12/2014 il rapporto di lavoro veniva risolto con decorrenza 1/1/2015 per l’assoluta e permanente inidoneità al servizio dello stesso.


La Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale di Benevento, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra il predetto ente e il lavoratore dal 16 gennaio 2015; nello specifico, essa ha ritenuto il recesso avvenuto in forma incontestabilmente scritta e, pur giudicando non dimostrato il fatto storico della comunicazione di tale D.D. al dipendente, ha tuttavia, ritenuto dimostrata la conoscenza da parte del lavoratore della D.D. dal 16/1/2015, avendo lo stesso dichiarato di averne acquisito copia informalmente presso gli uffici dell’amministrazione;
la stessa Corte d’Appello ha perciò giudicato efficace da tale data la risoluzione del rapporto, sussistendo i requisiti della forma scritta del recesso e della conoscenza da parte del destinatario.


Avverso tale sentenza il dipendente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la mancata dimostrazione da parte del datore di lavoro della comunicazione formale del recesso, contenuta in D.D. di collocamento a riposo per inidoneità al servizio, e contestando gli effetti della conoscenza aliunde da parte dello stesso del relativo provvedimento.


La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso, rigettando la tesi difensiva secondo cui la determina dirigenziale di collocamento a riposo avrebbe dovuto essere in ogni caso comunicata in copia conforme ed in originale all’interessato, con conseguente irrilevanza della sua conoscenza aliunde; difatti, sul punto i Giudici di legittimità hanno richiamato, in tema di forma del licenziamento, l’art. 2, L. n. 604/1966. Quest’ultimo esige, a pena di inefficacia, che il recesso sia comunicato al lavoratore per iscritto, ma non prescrive modalità specifiche di comunicazione; da tanto discende che, non sussistendo per il datore di lavoro l’onere di adoperare formule sacramentali, la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara.


I Giudicanti hanno, altresì, rilevato, che il prospettato pericolo di avere ricevuto una copia non conforme all’originale è puramente astratto: difatti, la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, come nel caso sottoposto ad esame, bensì va operata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale.

Indebita compensazione Iva infragruppo: termine di decadenza per il recupero


Ai fini del recupero dell’Iva infragruppo indebitamente compensata non va fatta alcuna distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti ai fini dell’individuazione del termine entro il quale notificare l’atto di recupero (Corte di cassazione – Ordinanza 29 agosto 2022, n. 25436).

L’art. 1, co. 421, L. n. 311/2004 prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall’art. 60, D.P.R. n. 600/1973.
A riguardo, inoltre, l’art. 27, co. 16, D.L. n. 185/2008, conv. dalla L. n. 2/2009 prevede che l’atto emesso dal cit. art. 1, co. 421, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Tale disposizione si applica a decorrere dalla data di presentazione del modello di pagamento unificato nel quale sono indicati crediti inesistenti utilizzati in compensazione.
I giudici della Corte hanno affermato che il legislatore, nel fissare il termine di 8 anni per il recupero dei crediti d’imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l’inesistenza del credito a categoria distinta dalla “non spettanza” dello stesso, ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l’investimento che ha generato il credito d’imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in 8 anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall’art. 43, D.P.R. n. 600/1973.


Autonomi e professionisti: le regole per ottenere il “bonus 200 euro”

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha firmato il decreto attuativo che disciplina i criteri e le modalità di fruizione del cd. “bonus 200 euro” da parte dei lavoratori autonomi e dei professionisti (MLPS – Comunicato 10 agosto 2022)

I beneficiari dell’indennità una tantum (cd. “bonus 200 euro”) sono i lavoratori autonomi e i professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS, nonché i professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza che, nel periodo d’imposta 2021, abbiano percepito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro.
I beneficiari devono risultare iscritti alle menzionate gestioni previdenziali al 18 maggio 2022, con partita IVA e attività lavorativa avviata e devono aver eseguito almeno un versamento, totale o parziale, per la contribuzione dovuta alla gestione di iscrizione per la quale è richiesta l’indennità, con competenza a decorrere dall’anno 2020.


L’indennità è pari a 200 euro ed è corrisposta dall’Inps ovvero dall’ente di previdenza di appartenenza.


Il beneficio non è compatibile con le medesime indennità riconosciute alle altre categorie di lavoratori (Dipendenti, assimilati, pensionati, percettori di prestazioni assistenziali).


Ai fini del riconoscimento dell’indennità, deve essere presentata apposita istanza agli enti di previdenza a cui il beneficiario è obbligatoriamente iscritto, nei termini, con le modalità e secondo lo schema predisposto dai singoli Enti previdenziali. All’istanza deve essere allegata copia fotostatica del documento di identità in corso di validità e del codice fiscale, nonché le coordinate bancarie o postali per l’accreditamento dell’importo relativo al beneficio.
Nell’istanza deve essere rilasciata una dichiarazione di responsabilità attestante:
a) di essere lavoratore autonomo/libero professionista, non titolare di pensione;
b) di non essere percettore delle prestazioni di cui agli articoli 31 e 32 del decreto legge 17 maggio 2022, n. 50;
c) di non aver percepito nell’anno di imposta 2021 un reddito complessivo superiore all’importo di 35.000 euro;
d) di essere iscritto alla data del 18 maggio 2022 ad una delle gestioni previdenziali dell’INPS o degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103;
e) nel caso di contemporanea iscrizione a diversi enti previdenziali, di non avere presentato per il medesimo fine istanza ad altra forma di previdenza obbligatoria.
L’indennità è corrisposta sulla base dei dati dichiarati dal richiedente e disponibili all’ente erogatore al momento del pagamento ed è soggetta a successiva verifica, anche attraverso le informazioni fornite in forma disaggregata per ogni singola tipologia di redditi dall’amministrazione finanziaria e ogni altra amministrazione pubblica che detenga informazioni utili.

Contributo al Fondo di garanzia per mediatori di assicurazione e riassicurazione


Determinazione del contributo al Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e riassicurazione – anno 2022 (MISE – DM 12 agosto 2022)

Il contributo che gli aderenti devono versare al Fondo di garanzia per i mediatori di assicurazione e di riassicurazione, per l’anno 2022, è fissato nella misura dello 0,08% delle provvigioni acquisite dai mediatori di assicurazione e di riassicurazione nel corso dell’anno 2021.
I versamenti devono essere effettuati entro il 31 ottobre 2022. Nel medesimo termine i mediatori trasmettono al Fondo una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante le provvigioni acquisite nel corso dell’anno 2021.