Ai fini Iva è considerato alla stregua di un soggetto residente, il non residente con domicilio fiscale in Italia (Agenzia Entrate – risposta 16 agosto 2022 n. 429).
La normativa nazionale attribuisce la natura di soggetto passivo IVA a colui che, nell’esercizio d’impresa, arti o professioni, effettua le cessioni di beni o le prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato.
Con particolare riferimento alle prestazioni di servizi, l’articolo 7, comma 1, del decreto IVA, alla lettera d) prevede, ai fini IVA, che “per soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva”.
In linea generale, dunque, chi presta attività professionale si considera soggetto passivo IVA in Italia se:
– è domiciliato in Italia, anche se residente all’estero;
– è residente in Italia e non è domiciliato all’estero;
– è domiciliato o residente all’estero ma possiede una stabile organizzazione in Italia,
con la conseguenza, che, in presenza di uno di questi elementi, le prestazioni rese si considerano, in linea generale, effettuate in Italia.
Ai fini della definizione dei concetti di residenza e domicilio, il Ministero delle Finanze con la circolare n. 304 del 2 dicembre 1997, ha chiarito che l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.
Risulta quindi evidente che:
– è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente ai fini dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;
– la residenza è intesa quale res facti, poiché non può prescindere dall’insistere sul luogo, con relativa stabilità, del soggetto e l’elemento intenzionale assume rilevanza secondaria;
– il domicilio è, invece, definito res iuris in quanto situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi.
Nel caso di specie, la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese terzo (Regno Unito) non è di ostacolo a considerare l’istante quale soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente. Peraltro, poiché il soggetto in questione non svolge, nel paese di residenza, così come rappresentato nella richiesta, alcuna attività professionale o imprenditoriale, nel modello AA9/12, presentato ai sensi dell’articolo 35 del decreto in materia IVA, dovrà indicare il domicilio fiscale ossia il luogo ove sarà svolta l’attività lavorativa, al fine di dotarsi di una partita IVA ordinaria.